Alle prime prove semaforizzate della barriera, davanti a
quella telecamera aliena, sembrava chiudersi tutta un epoca, una generazione,
dalla Pantera del ‘90 in poi. Ci conoscemmo così, noi studenti, lui
parcheggiatore, Giovanni e basta, sbracato, canottiera bianca a costine, catena d'oro al collo e fischietto, bruciato
dal sole, col marsupio e grandi scarpe adidas. Entrava nel cortile, partecipava
alle assemblee, si occupava di “logistica e manovre” in piazzetta, molti gli
lasciavano le chiavi, lui sistemava le auto nei vicoli, sparivano. Gli dicevi a
che ora saresti tornato a riprenderla e te la faceva trovare pronta in pista.
Dopo la laurea ancora per anni parcheggiavo da Giovanni, mi
chiedeva <ma mo fai ‘a professoressa? Ti ricordi quando facevamo le
proteste?>. A volte mi veniva incontro nel traffico, da lontano bastava uno
sguardo, gli lasciavo la guida e scappavo via <a che ora torni?> . Alle
quattro del pomeriggio trovavi la macchina al fresco, arieggiata, e lui che ti
sorrideva sdentato. Succedeva pure che si intratteneva ad ascoltare musica in
macchina, perché <è bella la musica che ti senti tu> o che ci poggiasse
le sue cose: quel marsupio, decine di mazzi di chiavi, la bottiglietta d’acqua.
Lo lasciavo fare, ne ero onorata.
Se restavo per la serata, cena/teatro/notte, l’accordo era
che si sarebbe occupato ad oltranza della mia macchinetta, dovevi bussargli, al
portone di vico San Severino e lui sarebbe sceso a qualsiasi ora per darti le chiavi.
Una notte scese sconvolto, fatto, disfatto, supertossico,
aspettammo tanto, bussammo tanto a quel campanello mentre lui “viaggiava” oltre
il mondo dei parcheggi. Passarono forse due ore, ma poi scese, e mi portò le
chiavi. Gentile come sempre, dolce come non si può immaginare di un
parcheggiatore anoressico, rinsecchito, solo, ma mai sconfitto da quella vita
senza possibilità. Raramente usava il dialetto Giovanni, solo se voleva
scherzare. Ai prof storici dava del lei, gli si rivolgeva in “italiano sciolto”
senza tentennamenti.
Quando girarono il video di Canzone a Piazzetta Nilo, Giovanni era
disinvolto come avesse sempre calcato le scene, se la rideva, proprio come in
foto. Il suo pezzo fu registrato a più riprese, fra un parcheggio e l’altro.
Prima il lavoro dottò.
Prima il lavoro dottò.
Giovanni era intelligente, una mente ampia, non è un caso
che si trovi lì in quel video.
Menti ampie si attraggono, imprescindibilmente, anche quando
una delle due ha indosso una canotta bianca a costine e un marsupio.
Lucio aveva sensori particolari per la gente di
strada: a S. Marcellino aveva riconosciuto Giovanni.Canzone (d'amore) di Lucio
non avevo mai visto questo video....la pignasecca...l'onnipresente pietra lavica. madre: il piperno comme la maddalena di proust!
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