Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono (Arrigo Benedetti)







venerdì 2 marzo 2012

Canzone (d'amore). Napoli, Lucio e Giovanni





Giovanni faceva il parcheggiatore a San Marcellino, davanti alla facoltà di Geologia, ultimo baluardo degli abusivi nel centro storico. Sequestrati tutti gli altri, a lui il diritto di anzianità, autorevolezza (protezione?) per continuare ancora anni, anche dopo che fu posizionata la stazione d’ingresso giù a via Arte della Lana.

Alle prime prove semaforizzate della barriera, davanti a quella telecamera aliena, sembrava chiudersi tutta un epoca, una generazione, dalla Pantera del ‘90 in poi. Ci conoscemmo così, noi studenti, lui parcheggiatore, Giovanni e basta, sbracato, canottiera bianca a costine, catena d'oro al collo e fischietto, bruciato dal sole, col marsupio e grandi scarpe adidas. Entrava nel cortile, partecipava alle assemblee, si occupava di “logistica e manovre” in piazzetta, molti gli lasciavano le chiavi, lui sistemava le auto nei vicoli, sparivano. Gli dicevi a che ora saresti tornato a riprenderla e te la faceva trovare pronta in pista.

Dopo la laurea ancora per anni parcheggiavo da Giovanni, mi chiedeva <ma mo fai ‘a professoressa? Ti ricordi quando facevamo le proteste?>. A volte mi veniva incontro nel traffico, da lontano bastava uno sguardo, gli lasciavo la guida e scappavo via <a che ora torni?> . Alle quattro del pomeriggio trovavi la macchina al fresco, arieggiata, e lui che ti sorrideva sdentato. Succedeva pure che si intratteneva ad ascoltare musica in macchina, perché <è bella la musica che ti senti tu> o che ci poggiasse le sue cose: quel marsupio, decine di mazzi di chiavi, la bottiglietta d’acqua. Lo lasciavo fare, ne ero onorata.

Se restavo per la serata, cena/teatro/notte, l’accordo era che si sarebbe occupato ad oltranza della mia macchinetta, dovevi bussargli, al portone di vico San Severino e lui sarebbe sceso a qualsiasi ora per darti le chiavi.
Una notte scese sconvolto, fatto, disfatto, supertossico, aspettammo tanto, bussammo tanto a quel campanello mentre lui “viaggiava” oltre il mondo dei parcheggi. Passarono forse due ore, ma poi scese, e mi portò le chiavi. Gentile come sempre, dolce come non si può immaginare di un parcheggiatore anoressico, rinsecchito, solo, ma mai sconfitto da quella vita senza possibilità. Raramente usava il dialetto Giovanni, solo se voleva scherzare. Ai prof storici dava del lei, gli si rivolgeva in “italiano sciolto” senza tentennamenti.

Quando girarono il video di Canzone a Piazzetta Nilo, Giovanni era disinvolto come avesse sempre calcato le scene, se la rideva, proprio come in foto. Il suo pezzo fu registrato a più riprese, fra un parcheggio e l’altro. 
Prima il lavoro dottò.
Giovanni era intelligente, una mente ampia, non è un caso che si trovi lì in quel video.
Menti ampie si attraggono, imprescindibilmente, anche quando una delle due ha indosso una canotta bianca a costine e un marsupio.
Lucio aveva sensori particolari per la gente di strada: a S. Marcellino aveva riconosciuto Giovanni.


Canzone (d'amore) di Lucio


















1 commento:

  1. amaliagrasso@gmail.com10 marzo 2012 alle ore 16:01

    non avevo mai visto questo video....la pignasecca...l'onnipresente pietra lavica. madre: il piperno comme la maddalena di proust!

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