Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono (Arrigo Benedetti)







sabato 21 novembre 2020

OXFORD CIRCUS DUAL SENSE PS5

Ma come, proprio ora che di lì non passa nessuno? E solo per 2 giorni?

E' il mercato bellezza!

Due giorni di marketing promettono un felice Natale e un nuovo fidanzamento fra Transport of London e Sony. In pandemia la vendita di console e videogiochi ha avuto un aumento del 50% pari a 2 milioni di sterline. Tutti a casa a giocare e qualcuno ad incassare senza alzare un dito. Come non approfittarne. E come non farlo nel solito spirito british fischiettante fra il trash e il disinvolto? Massì mettiamoceli quattro bei pulsantoni da play station lì all'incrocio più famoso del mondo, secondo solo a Shibuya (diremo anche di questo).


Ma cosa ne pensa Julie Dixon, Head of Customer Information, Design & Partnerships di TfL?

A leggerne dal Daily Mail la signora si dice ENTUSIASTA!

"Siamo felicissimi di aver potuto lavorare con PlayStation per supportare il lancio della nuova console PlayStation 5".

"Questa fantastica partnership è un ottimo esempio di come i marchi possono lavorare con noi per utilizzare le nostre stazioni e la nostra segnaletica di cerchietti colorati  riconosciuti a livello globale, in modo divertente e creativo"

"Attività come questa ci aiutano a investire nella rete di trasporto a vantaggio di tutti i nostri clienti."





Come non darle ragione. Prima o poi ci riusciremo anche qui, quando i cantieri delle nostre metro finiranno di essere scavati (in cerca della metro che non c'era), quando i nostri cari nonnetti si stuferanno di passare le mattine a guardare i lavori dalle transenne e finalmente dalle profondità degli strati archeologici spunterà Polifemo in 3D ad offrire una bella partita in co-marketing al CEO di Metropolitana SpA di turno e lui (il chiunque sarà) gli risponderà "Grazie no, andiamo a piedi".

Le nuove segnaletiche londinesi saranno attive fino al 16 dicembre, e cambieranno stazione a rotazione in giro per la città. 

Il progetto riguarda circa 25 città nel mondo (a Venezia piazza S. Marco si è illuminata d'azzurro) robetta, qui la faccenda è diversa. 

Ce lo ricordano i tempi del punto a croce giapponese














                                                                                                                                              


Come sarà dopo? Non sarà che i quattro segnali DUAL SENSE PS5 diventano la svolta per beccare appuntamenti nel casino al primo colpo? 

C’è da pensarci

Certo ad incontrarsi si riusciva, nonostante le folle incastrate all'incrocio di Oxford Circus. Dovevi darti le coordinate generali, nord-est / sud ovest o gli omologhi opposti, ma poi dovevi precisare l'angolo dell'ingresso di H&M, Nike, Microsofti o Tezenis. E poi lì finalmente iniziare la caccia. Le cose potevano semplificarsi indossando all'uopo un cappellone rosso a mongolfiera. 

Mr Sony e e Ms Julie dovrebbero farcelo un pensierino.

Appuntamento alle 3pm sotto la  X, o preferisci il Quadrato? 



venerdì 20 novembre 2020

THE MODERN JAM

La newsletter di @TheModernHouse vende una casa alla Jam Factory. 

Ne ha vendute anche in passato. Foto belle, attraenti. Sufficienti a far partire l’embolo del Retrodomani. 




Ho cambiato casa 9 volte. 
Con tanto di traslochi, camion, reinsediamenti e nuove vite.
Case diverse non per vacanza naturalmente, non per mesi.
Anni. Molti. 9 volte. Mai nella stessa città.

Del nostro abitare non si capisce ancora se è la casa che abitiamo a creare ricordi, o se siano i ricordi a creare case nuove, altre case mischiate insieme. Proiezioni di desideri in teletrasporto o proiezioni di ricordi in retrodomani. Marzullo non c’entra nulla. Certo è che ogni volta è un ricominciare (tutto) da capo. Certo è anche, che delle case che attraversiamo, o in cui vivremo stabilmente, siamo soltanto ospiti.

DECIDONO LORO, LE CASE, COME FARTI VIVERE

Ci interroghiamo sull’abitare da sempre

Ora di più, esposti come siamo ai rischi del ‘fuori’. All’improvviso abbiamo preso a misurare (e pulire!) cose, spazi e l'aria in cui ci troviamo. 
Dopo, abbiamo appreso che la città di prossimità, quella dei 15mn a piedi, avrebbe potuto salvarci (se prima l’avessimo progettata).


Cosa c'entra la Jam? 
Dei 9 cambi casa la Jam è il luogo zero dove posso dire che è (ri)cominciato tutto (molto del tutto).
  • I luoghi
  • Le strade
  • Le soste
  • Il come di ogni giorno
  • Il ‘sì è possibile’
  • I passi dati
  • Gli sguardi alzati
  • La calma che arrivava
  • Il tanto troppo che l’accompagnava. 
  • E rideva, quel mondo intorno, del casino felice che combinava
  • I sopralluoghi, attenti a radar accesi
  • Le traversate in bici e i quaderni, fogli, foto di appunti presi
  • Ricerche urbane simulate in passeggiata
  • Scoperte, continue, ovunque, ad accumulare sorprese in dose quotidiana 
  • Il tempo che sembrava lungo avanti e il futuro che pareva non finire mai, 
  • per ricominciare da capo anche lui, con altre promesse ancora, il giorno dopo.
  • Averla lì, lei, LA (mia) città, poterle parlare, conoscerla ogni giorno di più, senza fretta. Di 15mn in 15mn

IMPARARE ad ogni passo senza pensare di ASSORBIRE (accorgersene dopo, nella distanza)
COSTRUIRE (voce del verbo) altrove rimosso. COSTRUIRSI
NON SAPERE che sarebbe stato bello, così. Andar giù in profondità. E su a quote pazzesche. LONDRA EDIFICANTE 

EBBENE. DECIDE LA CASA. E' LA CASA CHE DECIDE








  























JAM sta per Jam Factory che sta per The Hartley, la fabbrica delle marmellate del Regno tuttora in bella vista negli scaffali al supermercato. 

Costruita tra il 1899 e il 1901 lì a Bermondsey, era l'avamposto nella capitale, del marchio nato nel Lancashire. 
Il sito era occupato da una conceria, attività prevalente del quartiere, noto anche come 'London's Larder' ovvero dispensa alimentare di Londra, per la sua posizione affacciata sul Tamigi, adatta allo stoccaggio delle derrate alimentari che attraversavano il fiume sulle chiatte commerciali. 

All'apertura della fabbrica, un simpatico William Hartley annunciava che "Hartley's produce solo una qualità: la migliore". In pochi anni divenne il più grande produttore di marmellate del paese e al primo padiglione ne aggiuns altri due nel 1908 e nel 1913. La fabbrica chiuse nel 1962 e fece da deposito per la distribuzione fino al 1975. 

La 'JAM' resta vuota e ferma fino al 1999, quando Simpson Haugh Architects la fa rinascere  con il primo progetto di riconversione industriale nel sud est di Londra. Tutto è stato trattato con cura e sensibilità per il valore del patrimonio che quei luoghi rappresentavano. Le strutture portanti, dalle mura in mattoncini faccia vista, alla carpenteria in ghisa bullonata, occupano posto d'onore nella composizione architettonica. Pavimenti flottanti e impianti non invasivi hanno consentito di utilizzare i grandi spazi dei padiglioni industriali in combinazioni flessibili e accoglienti, con una varietà tipologica che va dal loft, al laboratorio, al duplex con giardino, alla penthouse. 
Ci risparmiamo i dettagli di design, mai eccessivo, in super understatement, dai sistemi illuminanti ai gruppi di rubinetterie, di cui testimonio sostituzione per il lavabo in cucina, alla comoda cifra di 1.200 sterline. Un affare.

L'unico intervento contemporaneo di rilievo è stato l'aggiunta di leggeri attici vetrati arretrati rispetto alla facciata esistente, poggiati sul tetto come un container su una nave ormeggiata al porto. Le terrazze degli attici, accessibili ai residenti, regalano viste a tutto campo, dalla Shard al London Eye. Rientrando a sera davo sempre un occhio su ai 'container'. Ogni volta c'era qualcosa. Spesso venivano a girarci serie televisive e c'era sempre qualcuno a calarsi da corde tese con una telecamera al collo.

La riconversione industriale della Jam Factory realizza il modello architettonico adottato da fine anni '90, nelle trasformazioni dei vecchi magazzini dell'adiacente Shad Thames. Quello stile inconfondibile, diventerà timbro e firma della Londra che cambia, fino ai lavori più recenti di Coal Drop's Yard a King's Cross. E' il modello architettonico che accoglie appieno il design contemporaneo, per materiali, tecnologie, forme audaci e atmosfere disinvolte, e lo accosta in maniera del tutto originale ad un enorme patrimonio immobiliare, rimasto abbandonato ed incompreso per decenni. Chi vorrà chiamarla speculazione faccia pure. Ad avercene di cui preoccuparsi. 



ABITARE IN PASSAPAROLA 

Abitare alla Jam, cuore Sud-Est di Londra riparato dai circuiti cartolina, preferito da un passaparola in codice, silente per evitarne l’assalto, è stata pura fortunata coincidenza. Della quale ringrazierò sempre il caso.

Azzeramento alla JAM, dunque. Annozero ai suoi cortili. Alla luce del nord proiettata sui muri. All’erba sciatta ma perfetta, inglese per questo. 
Azzeramento al bene che dava, la JAM. Ai mattoncini rossi in casa, ognuno con la sua storia, un microcheap di vita vissuta dentro, voci di operai, rumori di macchine, impregnati insieme.









Azzeramento alla Jam, all’esserne grata ogni giorno per la riconnessione con l’Abitare che sembrava disperso. 
Superare il suo cancello e sentire casa come (qui/altrove) non era (non è) mai accaduto. 



Dell'ABITARE, di cui all'improvviso tutti abbiamo riconsiderato il senso, si è compreso innanzitutto che non è solo un 'dentro' né il contrario del fuori. Abitare è mischiare entrambe le faccende insieme, di certo non improvvisando all'ultimo momento. 

E' questo ciò che ho imparato a sperimentare negli anni alla Jam, come in un campo scuola di tutti gli anni di studi d’urbanistica accumulati fin lì.

E perché mai, in un posto come la Jam, si può imparare il bello dell’abitare?! Ci ho ragionato dopo. Al momento assorbivo.







                                                                                                                              










Fuori c'era Bermondsey Street 
e tanta altra roba che meriterà onori a sé, più in là, in altri racconti

E il Village East
E il panettiere clandestino
Josè Pizarro
The Garrison
La spesa al Borough e poi a Maltby
Le luci nel tunnel
More London
Shad Thames

C’erano passeggiate cogenti mai indifferenti. Il ponte amico mai cartolina. Nemmeno quella volta con la neve e il ghiaccio scricchiolante a camminarci sopra. Nemmeno quell’estate torrida con la gente in bikini sui pezzi di sabbia che affioravano in bassa marea. 

C’era il cantiere della Shard, vista crescere ogni giorno come creatura aliena e dolce, salutata ormai adulta con l’ultimo tè prima del trasloco imminente.

Ognuno di quei giorni è valso per 3. Multipli di tre per il carico delle cose che accadevano in un anno. Tornare alle quotidianità del ‘prima’ è stato come ricalcolare il tempo da un viaggio su marte. Risistemare gli archivi richiede spazio memoria in hard disk grandi quanto armadi a parete, ante translucide e una consolle da Star Trek destinazione @Londonjamfactor SE1 4TX















sabato 10 ottobre 2020

di partenze, bucato, asciugatrici e altri racconti


Quando viaggi tanto e viaggi spesso, valigie varie, di vario taglio, dal breve al lunghissimo raggio, restano lì pronte, sempre pronte, aperte ad ogni opzione. Se in casa hai una stanza intera da dedicargli, incluse operazioni domestiche di imbarco-sbarco, tanto meglio.

Sta di fatto che (nella vita precedente) mentre fai (facevi) cose, ti ritrov(av)i abituato a ricalcolare a mente, numeri e statistiche alla voce 'valigia/armadio - cosa c'è di pulito', ovvero quante magliette, mutande, calzini, jeans e dintorni, hai lì pronti e/o da lavare per la prossima partenza. L'opzione lavaggio in hotel o acquisto in loco, una volta a destinazione, vale sempre. Il piacere (a casa) di gestire tempi e morbidezze col prodigio dell'asciugatrice non ha prezzo. Insomma, in quella vita lì, antica di soli pochi mesi, facevi la valigia a mente, mentre sbrighi (sbrigavi) altro, e tutto (anda)va da sé, come in una vita mobile parallela.

Ebbene. 

Quando non parti più, il ricalcolo automatico ancora non l'ha capito, e quando meno te l'aspetti parte (in automatico) con la valigia da preparare e la faccenda statistiche magliette/mutande/jeans pronti o da lavare. Ma pronti a cosa, ora. A cosa!

Nulla di quel che ora serve nel quotidiano è soggetto ad alcun ritmo d'urgenza usa/lava/asciuga/parti and repeat.

Così accade che mentre sei lì in macchina a trafficare, guardi quel pensiero partito ad embolo e realizzi che lavo/pronto/parto non ha proprio significato alcuno. Realizzi che puoi lasciar tutto lì nel cesto da lavare e mai niente accadrà. Ti accorgi che nel tempo, dei preziosi articoli d'abbigliamento d'uso planetario, dalle mutande, alle magliette ai jeans e chennesò, ne possiedi a migliaia sparsi in giro. Abbondano. Ma certo, fino a febbraio 2020, ovvero l'altro ieri, ne occorrevano scorte di sicurezza e per tutte le stagioni. Dall'inverno di qui ti spostavi all'estate di là e ritorno, incurante (ma felice) di unire emisferi opposti, tu e il tuo bucato organizzato. 

Di colpo ti ritrovi a ragionare sulla stagione in corso, sulla variazione di stagione, sul se piove o è solo nuvolo, su 'oggi è due gradi meno di ieri'. Di colpo realizzi che è il caso di fare il "cambio di stagione" che mai ti aveva sfiorato da anni, intenta com'eri a portartele sempre tutte e quattro in giro insieme, le stagioni. 

C'è che non si viaggia. questo c'è. 

C'è che dai tempo al sole di asciugarti i panni, senza che però riesca ancora ad asciugarti il cuore.