pagina99 we del 7 Giugno 2014
È a Londra che il fenomeno è
stato osservato per la prima volta. È dunque il luogo migliore per cercare di
comprenderlo a fondo. Eppure le condizioni originarie per cui Ruth Glass
inventò il termine gentrification, sono profondamente cambiate. Nel ’64
infatti, si trattava di un processo semplice, di iniziativa individuale
spontanea, dunque non pianificato, in cui i quartieri operai si ripopolavano
con nuovi residenti, provenienti dalla classe media (gentry) della piccola
nobiltà rurale.
Oggi la gentrification è
fenomeno fortemente inclusivo e non ha un significato universalmente condiviso.
Non può più averlo. Dalla metà degli anni ’60 ad oggi ha subito profonde
modificazioni genetiche. Da causa scatenante (micro rigenerazioni immobiliari),
quale era, è diventato effetto, anche distanziato nel tempo, di interventi di
complesse quanto intensive trasformazioni urbane, di aree anche molto vaste.
Assumiamo in ogni caso che si tratta di un fenomeno generato da motivazioni di
carattere economico, in quanto riguarda investimenti e profitti; e di
carattere culturale, in quanto risponde alle esigenze di nuove forme di vita
sociale, quella che R. Florida definisce proprie della società creativa.
Ai tempi di Ruth invece, la
gentrification aveva origine, motivazione e connotazione esclusivamente di tipo
sociale.
Tutto si generava da un processo di subentro di nuovi residenti appartenenti a
classi sociali progressivamente superiori. Fisicamente si manifestava con
interventi di miglioramento su singoli immobili, attraverso capitali privati
individuali. Le trasformazioni urbane erano minime, localizzate e di piccola
scala, ma soprattutto spontanee e non pianificate. E’ in base a questi
parametri che va valutata la rispondenza ai principi originari, dei fenomeni
urbani cui assistiamo oggi.
Oggi i parametri in gioco si
sono moltiplicati e la gentrification cambia a seconda delle condizioni
iniziali, delle caratteristiche locali e degli attori coinvolti. Il meccanismo dipende da un
mix dosato di fattori diversi: sociali (per il remix della popolazione
residente; cambia al variare delle tipologie di gentrifiers), economici (per la
variazione dei prezzi del mercato immobiliare), culturali (per le nuove
esigenze della classe insediata) e spaziali (per entità e scala di
trasformazione fisica, rigenerazione e miglioramento dell’ambiente urbano).
Solo una certa combinazione di quei fattori conduce al verificarsi del processo
di gentrification. E solo in particolari circostanze. L’esistenza o meno del
fenomeno è inoltre influenzata dalle ipotesi di partenza, ovvero dalle
condizioni fisiche dei luoghi (edificati o meno; residenziali o
post-industriali mai abitati; da riconvertire o bonificare; di proprietà
pubblica o privata) e dagli attori in
gioco alle origini del processo: se pubblici, privati, in politiche di
governance o in partnership con corporations anche a capitale finanziario
globale, come avviene in fase avanzata di super-gentrification. A valle di un
processo così complesso, risulta evidente quanto sia difficile giudicarne i
risultati, distribuire i pesi tra costi, benefici e rischi (in termini di
diseguaglianze, esclusione sociale, e progressiva inaccessibilità economica
della città) e quanto di quel giudizio, dipenda dalla particolare ideologia
dell’osservatore.
Londra ci
offre la possibilità di sperimentare in maniera diretta, processi
diversi e diverse accezioni di gentrification, in base al variare del mix e di
fattori in gioco. Troviamo luoghi in cui se ne manifestano i primi segnali (Hackney
Wick, Stoke Newington Church St; Brixton; Tooting); altri in cui il fenomeno è
ben concluso e consolidato così da assurgere a modello urbano (Bermondsey
Street); quartieri in cui in cui il
processo assume connotati fortemente negativi per mala gestione (Heygate Estate
e Robin Hood Gardens Estate); luoghi che trasformati, vengono attribuiti alla
gentrification ma che nulla hanno a che vedere con quel processo (King’s Cross
e l’area olimpica di Stratford); quartieri in cui se ne registra la consunzione
perché la gentrification risale a decenni precedenti (Notting Hill e Camden
Mews); luoghi in cui il processo e’ nella migliore fase creativa (Shoreditch e
Hackney); nuclei di super-super-gentrification, dove ogni regola e’ saltata e
il prezzo di mercato per sola elite, vale sopra ogni cosa (Neo Bankside).
La coesistenza di una gamma così vasta di processi urbani, riscontrabili
anche a stadi diversi, è possibile grazie alla forte accelerazione con cui la
città si trasforma. Quel che conta e’ mantenersi lontani da giudizi affrettati.
Proviamo a immaginare come sarebbe Londra senza le trasformazioni e le
gentrifications degli ultimi 15 anni. E come sarebbe senza Regent Street, probabilmente
il primo processo di paleo-gentrification della storia, cui non a caso si fa
risalire la nascita dell’urbanistica moderna in Europa.
Anche l’evento in
apparenza piu’ spontaneo, alla maniera dei primi appunti di Ruth Glass, ha a
che vedere con scelte strategiche e definizioni di scenari urbani che
riguardano il futuro della citta’. A Londra la pianificazione strategica e’
questione di competitivita’ globale, di posizionamento nel club delle metropoli
al terzo stadio di re-gentr: la super-super-gentrification. Una partita giocata a tre con New York e
Tokyo. La città è come un prodotto da lanciare sul mercato delle appetibilità
mondiali in tema di cultura, tecnologia e servizi, dunque in tema di crescita
della popolazione e di nuove aree di sviluppo urbano per insediamenti residenziali.
Nel London Plan, alla sua
terza edizione dal 2004, si prevedono 33 Opportunity Areas e 10 Intensification
Areas dimensionate per 250 mila nuove case. Ogni area e’ studiata in un piano
di dettaglio sugli usi del suolo, le attivita’ prevalenti, infrastrutture e
accessibilita’, rigenerazione urbana, sistema e dotazione degli spazi pubblici
percorribili. Un piano parallelo riguarda le strategie e gli effetti di
localizzazione dei 230 grattacieli previsti nelle aree centrali.
Risulta evidente che i processi
di gentrification non succedono per caso. Correggerne gli aspetti negativi, i
costi sociali e i problemi di eccessiva polarizzazione sociale ed economica che
ne derivano e’ possibile, ed e’ compito delle stesse politiche e strategie di
pianificazione che le hanno generate.
La variazione dei prezzi
del mercato immobiliare e’ il primo segnale che si registra in un’area in
trasformazione da marginale ad area di nuova centralita’, dunque attraente per
investimenti sul patrimonio abitativo, pronta alla gentrificazione. Nell’area
di Southwark, quella a ridosso del lungofiume, i prezzi medi di una abitazione
di 60 mq riportati dal catasto immobiliare, sono passati da circa 90mila
sterline nel 1995 a 520mila nel 2014. Oggi in fase di super gentrification, Lambeth
e Southwark sono i quartieri centrali in cui nell’ultimo anno si e’ registrato il
maggior incremento percentuale dei prezzi al mq: +21,90%; seguono Hackney e
Islington al 19 e 20%.
L’adozione di misure di
controllo sul mercato immobiliare, come la costruzione di alloggi di edilizia
convenzionata da accordi per regolare i
prezzi e collegare il costo delle abitazioni ai redditi locali, potrebbe essere
segni importanti per contrastare gli effetti di esclusione/espulsione sociale
dalle aree in gentrification. E’ delle scorse settimane il lancio di un nuovo
piano del sindaco di 42mila nuovi alloggi a prezzi calmierati, pronti per il
2017 nella zona di Tower Hamlets, dove l’incremento nell’ultimo anno e’ stato
del 33%. Primo segnale di una svolta importante.
La
gentrificazione è processo ad alta complessità
di definizione. Usato in tono dispregiativo fa leva sulla polarizzazione
economica delle classi sociali, sulle diseguaglianze e l’esclusione/espulsione
dalle aree centrali di chi non può più sostenerne i costi. Per altri versi è un
modo per riferirci facile ad un insieme di segnali di particolare dinamismo e
vivacità ambientale, ad una diffusa atmosfera di benessere immateriale, che si
manifesta soprattutto in attività per l’intrattenimento e lo svago, che non
sapremmo descrivere diversamente. Se c’è un valore nell’enorme diffusione di un
termine indefinito come la gentrificazione, consiste nell’aver sdoganato
all’attenzione collettiva, temi e fenomeni sempre esistiti, fino ad ora oggetto
di studio esclusivamente da parte di esperti pianificatori, sociologi ed
economisti. È opportuno dunque occuparsi
dei nuovi significati che sottende. Comprendere il processo, consente di
ragionare meglio sui risultati, ed evitare pre-giudizi sommari, accezioni solo
negative, e toni dispregiativi a priori.
A Bermondsey, come a Bankside e Hackney, la garanzia
di successo contro lo snaturamento dei luoghi, sembra risiedere proprio
nella connotazione sociale della gestione del processo di trasformazione: dal
semplice valore di vicinato, alle forme organizzate di tutela di interessi
collettivi e appartenenza ad una comunità di quartiere, estesa com’è ovvio,
alla comunità digitale. Il monitoraggio continuo del BVAG sulle trasformazioni
di Bermondsey, il progetto di Bankside Urban
Forest coordinato da Better Bankside, o la Hackney House del Silicon
Roundabout, dimostrano come l’impatto delle trasformazioni può essere mitigato
(e corretto) a favore degli interessi collettivi, da strumenti di
partecipazione sociale. Dimostrano che quando le decisioni nascono dal
confronto e dall’ascolto delle esigenze locali, la gentrificazione gestita e
non subita, può diventare risorsa, non incutere paura.
