Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono (Arrigo Benedetti)







venerdì 20 giugno 2014

Bermondsey street: gentrificazione in equilibrio?



A Bermodsey street, la gentrification si esprime in una delle sue forme piu’ rappresentative. Potremmo assumerlo a modello comparativo. Da luogo a forte valenza storica (e’ qui che si fa risalire la fondazione romana di Londra) a popoloso quartiere operaio per le fabbriche di concia e per la Hartley delle marmellate, Bermondsey ha visto una progressiva sostituzione sociale, con trasformazioni fisiche e funzionali, tutte di iniziativa privata, che ha cambiato volto al quartiere, in meno di un decennio.
L’aspetto significativo, che poi e’ al centro di tutta la questione gentrification, e’ la conservazione di una certa identita’, circa valore e carattere dei luoghi, in senso sociale oltre che fisico, che a Bermondsey e’ fortemente tutelata e motivo di orgoglio. Il BVAG (Bermondsey Village Action Group) ne e’ prova e testimonianza, da quando i residenti vi si associarono come watch dogs, per impedire la costruzione di tre grattacieli cugini della vicina Shard, che avrebbero completamente sconvolto l’ordine delle cose.



L’atmosfera del villaggio qui si avverte davvero, anche con gentrifiers di super gentrification. Ovvero, popolazione giovane, di cultura elevata, occupata in quadri manageriali di finanza e industrie creative; di provenienza globale, dall’elevata mobilità, dunque poco radicata, ma con voglia di socialità e interazione, che fa community, anche se ad alto tasso di turnover. Il fenomeno di sostituzione/esclusione sociale a scapito dei ceti piu’ bassi, rivendicato da chi si oppone alla gentrification, e’ certo avvenuto e in quote importanti, ma non tali da egemonizzare l’area e polarizzarla ad un livello inaccessibile. La presenza di una forte base popolare nelle council houses e’ uno degli aspetti caratterizzanti il quartiere, ne fa da connettivo ambientale, con risultati di grande inclusivita’ sociale. La permanenza di alcune delle attivita’ commerciali preesistenti, il rifiuto di accesso al franchising globale, crea un mix funzionale a forte densita’ ma dal basso impatto, quasi tutto si svolge su un unica strada.



Gli attributi ricorrenti dei fenomeni di gentrification, ritenuti segnali pericolosi per lo snaturamento dei luoghi, ci sono tutti, ma qui sono ad impatto (ancora) controllato: l’ambiente e’ gradevole, sostenibile, a misura d’uomo, perche’ i cambiamenti non calano dall’alto ma interpretano certe vocazioni preesistenti integrandole con nuove, di interesse contemporaneo. La vocazione gastro-culturale espressa dal numero di ristoranti, alcuni tra migliori di Londra, ha qui radice nella presenza delle warehouses di stoccaggio delle derrate alimentari, provenienti dai vicini attracchi sul fiume, facendo di quest’area la dispensa di Londra. La domanda di cultura e arte trova nella nuova White Cube, la terza in citta’, la meta di collezionisti e frequentatori d’arte da tutto il mondo.  La vocazione fashion risale ai tempi della concia di pellami; oggi c’e’ il Fashion Textile Museum, sezione del vicino Design Museum, i laboratori di Kurt Geiger e molti atelier di designer indipendenti. E poi l’antiquariato: sede storica del mercato piu’ antico di Londra, dall’800 Bermondsey Square e’ meta di designers, architetti e appassionati di vintage.


Se cercavamo un caso di gentrificazione autentica, a Bermondsey c’e’. Per condizioni iniziali, attori/stakeholders, scala di intervento e tipologia delle trasformazioni urbane, il processo e’ ascrivibile a tutti gli effetti ad un autentico meccanismo di gentrification, generato spontaneamente e non pianificato. La garanzia di successo contro lo snaturamento dei luoghi, sembra risiedere proprio nella connotazione sociale della gestione del processo, dal valore di vicinato, alle forme organizzate di tutela di interessi collettivi e appartenenza ad una comunita’ di quartiere come il BVAG.   



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