Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono (Arrigo Benedetti)







giovedì 16 febbraio 2012

Second Life: new Utopia? Viaggio tra il privilegio dell'immaginazione e l'obbligo del dubbio



È la settimana della London Social Week. A Londra come in altre undici città del mondo il tema dell'anno è l'impatto globale dei social media come luogo in cui è possibile condurre (e partecipare) i cambiamenti culturali, politici, economici e sociali del pianeta.
Toh guarda, sembra configurarsi -infine- l'idea che cambiamento e collaborazione abbiano l'uno bisogno dell'altro. Ma forse la notizia non è esattamente questa, quanto il fatto che la "novità" stia permeando i luoghi digital-virtuali dove di solito si va a spasso da soli, ci si guarda allo specchio, si parla di sé, di cosa si mangia a colazione, o di dove ci si trovi in quell'esatto momento a fare cosa. Altro che collaborazione.
Philip Rosedale da un po' di anni ha una idea sua propria di come ci si possa incontrare (collaborare?) nell'altrove della rete. Ne aveva parlato un po' di tempo fa qui a Londra, appunto.




30 Novembre, nevica. Nevica da stamattina, fiocchi come ovatta. La lecture è alle 7pm. L’ingresso allo Starr Auditorium è sul lato destro della Tate, dalla parte della rampa per la Turbine Hall. C’è un gran silenzio e poca luce –gialla- una di quelle “notti di natale” che solitamente si avvicendano numerose in dicembre, a Londra. Siamo in due ad entrare (una sono io chiaro!) l’altro e Philip Rosedale. Ci guardiamo, non distratti, lui con l’aria sospesa di chi è certo di essere riconosciuto, io con un sorriso di cortesia (di chi si incrocia di striscio al supermercato): non sapevo che faccia avesse. Restiamo in silenzio.  Lui ritenta uno sguardo, occhi grandi, blu, sorriso aperto da ragazzone americano, lo riguardo e gli sorrido nuovamente –come al supermercato- in silenzio.
Philip Rosedale è a Londra per incontrarsi -nel teatro rosso della Tate- con Winy Mass di MVRDV e Shumon Basar (con i rispettivi fans, insieme ai rispettivi curiosi e molti studiosi) per discutere di nuove “avanguardie”, di nuove utopie per il mondo (reale) e i suoi abitanti. L’idea mirabile è venuta all’Architecture Foundation in occasione della John Eduard Lecture, un appuntamento annuale dedicato al dibattito tra figure leader del mondo dell’architettura e figure altrettanto influenti provenienti da altre discipline (artisti, filmmakers, scrittori, filosofi).
Philip proviene da discipline tecnico-scientifiche. Laurea a San Diego in Fisica, il suo nome è legato alla sua prima creatura, Second Life (piattaforma per incontri, servizi e collaborazioni nel  web), cui son seguiti Linden Lab e la recentissima Love Machine Inc (l’amore non c’entra niente: significa macchina per far soldi). Il Time lo ha inserito fra i 15 uomini che guidano il cambiamento nel mondo. Second Life è un nuovo continente –spiega Philip- non un gioco, con piu’ di 10 milioni di iscritti ed una economia generata pari ad una manovra finanziaria.
Winy, architetto/urbanista, fondatore di MVRDV, associa il suo nome alla Why Factory, ricerca metodica e radicale, idee provocatorie, e soluzioni pragmatiche per il futuro delle città, facilmente comprensibili per tutti. Tema ricorrente e “ossessione” ispiratrice della ricerca è la “densità”, nel senso dell’uso che facciamo della superficie della terra o della mole di informazioni che passano nell’etere grazie alle nostre telecomunicazioni invisibili (mentali e via GPS). Winy inventa Pig City, la fattoria grattacielo per gli allevamenti suini; inventa le periferie “lego” colorate di Ypenburg Hagen Island; lo scatolone (unité d’habitation) Mirador di Madrid; le case sospese di Four Water Villas che restituiscono lo spazio a terra, alla libera circolazione dei pedoni.
Entrambi, Rosedale e Mass, due figure all’avanguardia nelle rispettive discipline, investigano su come il mondo reale può imparare dalla “realtà” virtuale, e viceversa. Entrambi esplorano la linea di confine tra realtà e potere dell’immaginazone, le modalità in cui passano le informazioni da un “mezzo” all’altro, informandosi ed influenzandosi a vicenda secondo le (antiche?) teorie di Marshall McLuhan, citato come mentore-ispiratore dallo stesso Philip.
Reale e immaginario come mondi paralleli dove gli esseri umani esistono in parallelo per costruire un altro spazio, in cui agire (auspicabilmente) in modo migliore.
Rosedale vs Mass un dialogo che attraversa –liberamente- architettura, urbanistica,  sociologia, tecnologia, progresso, sistemi, reti sociali e visioni del futuro . Dal microchip al masterplan, le nuove utopie di cui è certo, abbiamo bisogno.
Ebbene urgono alcuni interrogativi: tutti in buona fede sulle migliori intenzioni di Second Life come sulle verdi praterie verticali di Pig City.
Cosa ci spinga ad inventarci un mondo immaginario, più o meno parallelo a quello reale è tema antico, viaggia insieme all’impossibilità di spiegare perché di notte sognamo.
Tuttavia, sogni –bellissimi e personali- a parte, nel momento in cui vogliamo assurgerli a “ricerca” diventa necessario strutturare il metodo di analisi, svilupparne l’ipotesi, e chiederci  cos’è che ci rifiutiamo di guardare. Da cosa fuggiamo nell’illusione di “progettare” una seconda vita virtuale, dal momento (e a maggior ragione) che pensiamo pure di proporla al mondo intero.
Ci chiediamo forse, come siamo vissuti fino ad oggi, se oggi decidiamo di fuggire da dove siamo? E com’è che ci trasponiamo nella finzione sapendo pure che non esiste, facendo anzi della consapevolezza un illusorio baluardo di forza e incorruttibilità “contro” il virtuale?
Significa forse rifiuto di vedere dolore, cambiamento, metamorfosi per crearci un mondo dove il male non esiste? .. Un antidolorifico planetario? Un Toradol esistenziale?
Cosa si intende in Second Life per “esistere”? E cosa per “inesistente”? Cosa si intende per “toccare”?
Possibile che ci si basti al punto da decidere –megalomani- di costruirci un “bel mondo” a nostra immagine e somiglianza sicuri nei super poteri della nostra superfantasia?
E  i sentimenti? Con quale programma si programmano? Dove sono gli altri sensi oltre la vista dello schermo? Chi frequenta è certo di esperire “energia ulteriore” in ambienti fantastici ,“rooms” e riproduzioni di paesaggi e di città (copie o esternazioni di nostre fantasie che magari non interessano proprio a nessuno).
C’è un momento in cui ci si accorge che la fisicità di quell’esperire è tutta gomiti a scrivania e mani sulla tastiera.. e basta?
Cosa muove la costruzione del mondo parallelo? L’esigenza di coprire le distanze? E non c’era già il telefono? Forse l’esigenza di approcci immediati e informali scevri di sovrastrutture? Non è che avremo perso in spontaneità?  Non sarà che in tanta –finta- immediatezza si nasconde la paura di apparire con la propria faccia? Con il nostro (povero) corpo?

È per questo che Second Life costruisce un mondo in nome del bello apparente, del piacevole, del presentabile, del confortevole, dell’accettabile?
Cosa si intende in SL per “anima”? Cosa per “infinito”? Cos’è l’enorme, l’indicibile, l’impossibile, il non detto? Cos’è uno sguardo in SL?
Esiste il dolore in SL? Esiste un ospedale? Ci va la gente.. e a visitare chi? Esistono le malattie? Le abbiamo forse ripulite via per un “mondo migliore”?
Non c’è forse il rischio di perdere del tutto la cultura del guardare dentro? Pensare solo alla ricerca scientifica e tecnologica quando invece è della vita della gente che si parla, ed è a noi che va quella ricerca; ricerca mai interiore –almeno apparentemente- tutta sovrapposta alla nostra vita in nome dei “servizi” alla nostra vita?
Non sarà che il mito del “viaggiare stando fermi” ha immobilizzato la mente? Ci scervelliamo a far  girovagare il nostro avatar e non sappiamo come si chiama il salumiere sotto casa né quanto costa un etto di mortadella? E che sapore ha la mortadella in Second Life?
La mente è un prodigio indispensabile –tuttora sconosciuto-, ci permette di sentire, esplorare vivere e amare (scrivere), insieme al corpo, però.
Tocchiamole le cose. La complessità, la difficoltà dell’imprescindibile (reale) e i cambiamenti improvvisi (quelli che non ti erano MAI passati per la mente, che ti prendono di sorpresa alle 4 di un pigro martedì pomeriggio), ci spaventano certo, ma forse è lì la più virtuale delle esperienze.
<<Goditi il tuo corpo. Usalo in tutti i modi che puoi. Senza paura e senza temere quel che pensa la gente. È il più grande strumento che potrai mai avere>>. È banale lo so, citare Mary Schmich, dal suo libro “Usa la crema solare” ma è adorabile per i suoi “Consigli sprecati”.
Sold out per l’evento alla Tate
Ma nevicava, e nessuno poteva prevederlo un anno fa, quando cioè si e’ cominciato ad organizzare tutto. Causa neve, non tutti son riusciti a raggiungere la Tate.
Ma quanti impedimenti terreni!
In Second Life ci saremmo incontrati tutti nel posto più bello di SW Second World, progettato da tutti noi insieme, secondo le nostre più fantastiche visioni. Un posto caldo sicuramente, senza tanti cappotti, piumini, guanti, sciarpe e cappelli, magari scalzi, e con una ghirlanda di fiori al collo.
Eppure in quel luogo di Second Life, dove nessuno avrebbe ricreato la neve di TRL This Real Life (ndr), nessun avatar avrebbe potuto programmare né sentire quel silenzio, la tensione, e i passi di due persone che entrano nel corridoio di vetro della Tate, in una delle tante notti di natale a Londra.
Uno dei due ha grandi occhi blu da ragazzone americano, difficili da ridipingere in Second Life.
MVRDV The why factory









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