Intestazione / Presentazione (sulla porta e sul web): "Our housing and planning services providing assistance and advising landlords and tenants in the private sector to dealing with planning applications, enforcement, conservation and urban design".
"Assistenza e consulenza sì sì, d'accordo, dite tutti così".
GIORNO 1.
Ti presenti personalmente, chi vuoi che ti risponda al telefono (pensi in automatico, come fossi in Italia). Uffici sul Tamigi. Vetro, acciaio, spazio poltrone, area caffè, silenzio, comfort. Chiedi dell'Ufficio Tecnico e degli orari di ricevimento. Ti porgono un telefono interno da cui effettuare la prenotazione per incontrare gli addetti. Telefonata lunga, ma cordiale. Spieghi cosa cerchi, gli dai le generalità: tue, dell'immobile e del proprietario committente; ti chiedono gli interventi che prevedi di fare (..a voce così al telefono? Sì a voce, così al telefono. Okay glielo racconto in due parole. Nice! Good stuff, very good). Ti forniscono un numero che sarà il tuo identificativo da quel momento alla chiusura lavori e ti lasciano con un appuntamento telefonico. Ti chiameranno per comunicarti data e ora del meeting. Ecco perché tante chiacchiere, non mi chiameranno mai. (Lo pensi in automatico, come fossi in Italia, mentre studi la prossima mossa per un contatto più "stringente").
Torni a casa, fai le tue cose. Ti squilla il telefono, è il responsabile dell'Ufficio Tecnico. Preambolo di cordialità tutte british, d'obbligo ma che fanno sempre bene. Agenda alla mano ti dice che sarebbe disponibile domani alle 11am o dopodomani alle 10am. Ti dice che con lui (che è ingegnere) ci sarà l'architetto e l'avvocato, in modo da partire su basi chiare e non lasciar questioni sospese sul progetto a farsi (ma se non sai nemmeno di cosa si tratta!). Okay, sarebbe da cogliere al volo l'appuntamento di domani ma sono impicciata. D'accordo per dopodomani. 10am. Mi annuncia che la runione non ha limiti di tempo, mi dice di portare tutti i documenti disponibili, li guarderemo insieme con calma uno per uno.
Thank you. Fine. See you then. Bye. (Uguale che in Italia).
Ti risalgono in conato tutte le volte che per anni, hai faticato per avere un appuntamento all'Ufficio Tecnico di dovunque. Ti ricordi le scuse per non riceverti. I telefoni che squillavano a vuoto. E quando finalmente incontravi qualcuno era sempre quello sbagliato, il meno adatto alle questioni che ponevi, l'interessato era sempre fuori stanza, in runione, irreperibile (comunque fuori luogo).
Te ne ricordi, è automatico. Poi ritorni alla telefonata appena ricevuta. Frazioni di secondo. E svieni.
GIORNO 2
10am o'clock. Stessa portineria, mi presento col numero identificativo e il tizio: "Hi good morning Emilia!" (.. Emilia???). Nicole, Stephan e Adnane mi aspettano nella stanza 12. Tavolo rotondo per 6, sedie ergonomiche molleggiate, caffè (immancabile) pareti vetrate, insonorizzate. Runione fiume, con i tre che si alzano a turno per sparire e tornare con libroni di codici, norme, moduli. Li aprono alle pagine contrassegnate mi spiegano cosa fare, come procedere, quanti incontri ancora avremo. L'edificio da ristrutturare è vincolato e per quel che ho sedimentato del concetto di "vincolato", censuro -in automatico- alcune delle soluzioni pensate, inutile spingerle fino all'approvazione finale. Mi spiegano che l'approvazione sarebbero loro medesimi-stessi-in-carne-e-ossa, e che il percorso di "partecipazione" tra council e designer è strutturato in modo da approdare ad una soluzione condivisa e non aspettarsi dinieghi. In un'ora di conversazione mai una perplessità, un non-è-possibile, un poi-vedermo.
Ma sì è vero, come negarlo, uguale che in Italia! Partecipazione, discussione e condivisione trasparente -diremmo pubblica- del progetto. Io e le mie solite mitizzazioni del mondo anglosassone e della sua efficienza superiore.
Mi consegnano un pacchetto con una serie di moduli, norme, copie e controcopie della documentazione che servirà (nientedimeno c'è pure una stampa per ogni schermata web da visitare, in caso fossi proprio di coccio). Mi forniscono i loro recapiti personali, la raccomandazione di contattarli per ogni dubbio, la cronologia degli appuntamenti futuri. A corredo, una brochure sulle attività urbanistiche del council con gli interventi in atto e le trasformazioni previste, che serve per il "have your say" di rito (casomai non ti piace il tracciato di una strada glielo fai sapere..).
GIORNO 2 sera
A letto con sintomi da febbre "urbanistica". Ricordi-incubo che vanno agli uffici tecnici italiani alle facce dei tecnici (degli uffici tecnici) tutte così poco "tecniche". Domande che rimanevano senza risposte (a parte casi eccezionali, onore al merito). Domande costruite su strategie "trabocchetto" in modo da estorcere informazioni "involontarie". Una normalità fatta di professione una e trina dove dovevi essere l'architetto, il geometra, l'avvocato, il geologo e l'ingegnere di te stesso, oltre che l'addetto all'ufficio tecnico, e il suo psicologo -ovviamente-. E se ne sbagliavi una, delle tue molteplici specialità, era come al gioco dell'oca, azzeravi e ricominciavi da capo.
GIORNO 3 risveglio
Sorriso ebete. Beatitudine d'oltremanica. Stiracchiamento celeste.
London Architecture Walks, Thoughts and every-day-life in London, from an italian urban-trotter exploring life
Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono (Arrigo Benedetti)
venerdì 26 ottobre 2012
martedì 23 ottobre 2012
Londra, Make-Up d'emergenza. Dal manuale di sopravvivenza urbana (anche per signore inglesi)
A Stansted le tipe del box Estée Lauder sono fantastiche e la make-up artist di Dior lì accanto, è un esperta in dettagli e abbinamenti colore, assolutamente perfetti. A Heathrow scegliere è imbarazzante, per cui vale lasciarsi ispirare dalla curiosità del momento.
In centro invece, nelle zone shopping più cool di Londra, la strategia si fa più sottile. Se in aeroporto è possibile che ti facciano un trucco prova completo, perfetto e "ready to go", nelle aree cosmesi di Selfridges, John Lewis, House of Fraser, Harvey Nichols, Liberty o anche Harrod's (of course) se la giocano sul piano "tecnico-professionale". Le prove trucco (quelle aggratis, che sono qui il vero obiettivo) il trucco occhi, fondotinta, fard, bocca e -al limite- sopracciglia e anche manicure, viaggiano per stages separati. Insomma, secondo la loro (prevedibile) strategia di marketing, in prova gratuita puoi trattare solo un "settore" del viso, ma non uscirtene con un trucco completo (altrimenti sai la fila all'ingresso.. Altro che IPhone5!).
Ciò nonostante, la contro-strategia per avere un make up completo in un'unica battuta, e soprattutto senza uso di carta di credito, è possibile. Esiste.
Sperimentata in più occasioni. Oltre che super divertente.
Innanzitutto keep calm: pazienza-premia.
Il punto è che chi ti farà il trucco occhi, non sarà quello del rossetto, che non sarà quello del fondotinta. Per cui: studiati rapidamente i make up artists che più ti piacciono e procedi con ordine (come faresti del resto a casa, se ti truccassi da sola):
Innanzitutto keep calm: pazienza-premia.
1 concelor and foundation
2 occhi (base, colore, eyeliner, mascara)
3 fard / blush
4 labbra (matita, gloss o rossetto fai tu)
5 se ti piace la finitura in cipria ne trovi di belle da Bare Minerals e Yves Saint Lauren in poi.
4 labbra (matita, gloss o rossetto fai tu)
5 se ti piace la finitura in cipria ne trovi di belle da Bare Minerals e Yves Saint Lauren in poi.
Scegli insomma una casa cosmetica per ogni step (di trucco). E le beauty consultants non possono dirti di no.
Se scorgi incertezze o mano tremula, molla e passa oltre, un bravo make up artist si riconosce dalla voglia che ci mette, da come ti squadra e come si ispira ad utilizzare i prodotti migliori a sua (e tua!) disposizione.
Se poi ti capita di trovarti al Westfield (Stratford o White City fa lo stesso) nelle hall dovresti imbatterti in un paio di postazioni di hair stylist che ti risistemano i capelli come li vuoi, con un piastra magica ceramicata, senza spendere un pound, solo per (di)mostrarti quanto è pratico l'aggeggio (appunto!).
Tempo fa da Selfridges potevi fare anche il fish: una tecnica di pedicure, dove un mini branco di pseudo barracudas (Garra Rufa) del Mar Morto, ti si avventavano ai piedi immersi in una vasca di vetro (con te comodamente sprofondata in poltrona). Ti liberavano di pellicine e impurità, lasciandoti una pelle liscia e morbidissima. Sentivi solo un leggero solletico elettrico. (Okay, lo so fa schifo, non sono riuscita a reggerlo più di 5 mints).
Tempo fa da Selfridges potevi fare anche il fish: una tecnica di pedicure, dove un mini branco di pseudo barracudas (Garra Rufa) del Mar Morto, ti si avventavano ai piedi immersi in una vasca di vetro (con te comodamente sprofondata in poltrona). Ti liberavano di pellicine e impurità, lasciandoti una pelle liscia e morbidissima. Sentivi solo un leggero solletico elettrico. (Okay, lo so fa schifo, non sono riuscita a reggerlo più di 5 mints).
Inutile ricordare il tocco finale del passaggio tra i profumi: due gocce del tuo di sempre o una nuova essenza da provare, son lì pronti schierati tutti per te, quanti ne vuoi (un must evergreen imparato da bambine).
In Love Again Crystal Edition, di YSL è la new entry più irresistibile del momento.
In Love Again Crystal Edition, di YSL è la new entry più irresistibile del momento.
Che sia per necessità, o perché ne hai voglia, saltare da uno sgabello all'altro tra gli stand cosmetici che trovi più attraenti, nei grandi magazzini del centro o negli aeroporti, può sembrarti forse impegnativo, ma farlo è molto più facile che pensarlo. Se lo provi il divertimento è assicurato. E anche il risultato, dal momento che non è sempre possibile ritrovarti tra le mani l'ultimo magico fondotinta di Dior o il Sensous Nude Blush di Estee Lauder.
Anyway, ti piaccia o no andar per stand, EVITA per favore, nella maniera più assoluta, di truccarti in auto, nella metro o (terribile, ne ho viste) al tavolo del ristorante prima di ordinare (o nel passaggio dalla cena al club).
Anyway, ti piaccia o no andar per stand, EVITA per favore, nella maniera più assoluta, di truccarti in auto, nella metro o (terribile, ne ho viste) al tavolo del ristorante prima di ordinare (o nel passaggio dalla cena al club).
Le signore inglesi di ogni età adorano farlo, ne vanno fiere, lo chiamano make-up on the go. Siti web e consigli si sprecano, per dirti cosa portare in borsa e come imparare a truccarti in corsa, senza sbagliare un colpo. In realtà la pratica si manifesta come un maldestro ritocco di stucco in pubblico: nessuna grazia, se non quella che può avere un momento privato, forzosamente trasferito nel sociale (e senza che il sociale l'abbia richiesto).
Ma è poi così necessario? Smanettare tra mascara, smorfie e pennelli, tra gli scossoni dell'autobus, magari urtando chi ti è seduto accanto, o macchiandoti di rossetto il naso, non aggiunge appeal. E se anche il trucco mobile non farà una sbafatura, lo spettacolo è triste. Attrazione zero. Stupidità "urbana" inestimabile.
Se non puoi rinfrescarti il look come si deve, nelle sedi deputate (soprattutto senza che altri siano costretti a guardarti) non tentare l'impossibile, meglio niente.
Ma è poi così necessario? Smanettare tra mascara, smorfie e pennelli, tra gli scossoni dell'autobus, magari urtando chi ti è seduto accanto, o macchiandoti di rossetto il naso, non aggiunge appeal. E se anche il trucco mobile non farà una sbafatura, lo spettacolo è triste. Attrazione zero. Stupidità "urbana" inestimabile.
Se non puoi rinfrescarti il look come si deve, nelle sedi deputate (soprattutto senza che altri siano costretti a guardarti) non tentare l'impossibile, meglio niente.
lunedì 22 ottobre 2012
Can't-Forget-It-[aly] from London to Malga Canali, Dolomiti.
Malga Canali: l'avamposto gastronomico social (non network) nelle Dolomiti
Foto mie (a colori) e di John Gubertini (b&n)
Foto mie (a colori) e di John Gubertini (b&n)
lunedì 8 ottobre 2012
London Fooding on the road
con i miei 10 panini e un paio di dollari. J. Kerouac
sabato 6 ottobre 2012
Letters. As napkins.
Love letters from Jack London, Mark Twain, D. H.Lawrence, Emily Dickinson, as napkins in fine cotton, for a literary meal.
OKLAND,
APRIL 1901
Dear
Anna:
Did I
say that the human might be filed in categories? Well, and if I did, let me
qualify -- not all humans. You elude me. I cannot place you, cannot grasp you.
I may boast that of nine out of ten, under given circumstances, I can forecast
their action; that of nine out of ten,
by their word or action, I may feel the pulse of their hearts. But of the tenth
I despair. It is beyond me. You are that tenth.
Were
ever two souls, with dumb lips, more incongruously matched! We may feel in
common -- surely, we oftimes do -- and when we do not feel in common, yet do we
understand; and yet we have no common tongue. Spoken words do not come to us.
We are unintelligible. God must laugh at the mummery.
The one
gleam of sanity through it all is that we are both large temperamentally, large
enough to often understand. True, we often understand but in vague glimmering
ways, by dim perceptions, like ghosts, which, while we doubt, haunt us with
their truth. And still, I, for one, dare not believe; for you are that tenth
which I may not forecast.
Am I
unintelligible now? I do not know. I imagine so. I cannot find the common
tongue.
Large
temperamentally -- that is it. It is the one thing that brings us at all in
touch. We have, flashed through us, you and I, each a bit of universal, and so
we draw together. And yet we are so different.
I smile
at you when you grow enthusiastic? It is a forgivable smile -- nay, almost an
envious smile. I have lived twenty-five years of repression. I learned not to
be enthusiastic. It is a hard lesson to forget. I begin to forget, but it is so
little. At the best, before I die, I cannot hope to forget all or most. I can
exult, now that I am learning, in little things, in other things; but of my
things, and secret things doubly mine, I cannot, I cannot. Do I make myself
intelligible? Do you hear my voice? I fear not. There are poseurs. I am the
most successful of them all.
Jack London
June 11, 1852
I have but one thought, Susie, this
afternoon of June, and that of you, and I have one prayer, only;
dear Susie, that is for you. That you and I in hand as we e'en do in heart, might ramble away as
children, among the woods and fields, and forget these many years, and these
sorrowing cares, and each become a child again -- I would it were so, Susie,
and when I look around me and find myself alone, I sigh for you again; little
sigh, and vain sigh, which will not bring you home.
I need you more and more, and the great
world grows wider, and dear ones fewer and fewer, every day that you stay away
-- I miss my biggest heart; my own goes wandering round, and calls for Susie --
Friends are too dear to sunder, Oh they are far too few, and how soon they will
go away where you and I cannot find them, don't let us forget these things, for their
remembrance now will save us many an anguish when it is too late to love them! Susie, forgive me Darling, for every word I say -- my
heart is full of you, none other than you is in my thoughts, yet when I seek to
say to you something not for the world, words fail me. If you were here -- and
Oh that you were, my Susie, we need not talk at all, our eyes would whisper for
us, and your hand fast in mine, we would not ask for language -- I try to bring
you nearer, I chase the weeks away till they are quite departed, and fancy you
have come, and I am on my way through the green lane to meet you, and my heart
goes scampering so, that I have much ado to bring it back again, and learn it
to be patient, till that dear Susie comes. Three weeks -- they can't last
always, for surely they must go with their little brothers and sisters to their
long home in the west!
I shall grow more and more impatient
until that dear day comes, for till now, I have only mourned for you; now I begin to hope for you.
Dear Susie, I have tried hard to think
what you would love, of something I might send you -- I at last say my little
Violets, they begged me to let them go, so here they are -- and with them
as Instructor, a bit of knightly grass, who also begged the favor to accompany
them -- they are but small, Susie, and I fear not fragrant now, but they will
speak to you of warm hearts at home, and of something faithful which
"never slumbers nor sleeps" -- Keep them 'neath your pillow, Susie,
they will make you dream of blue-skies, and home, and the "blessed
contrie"! You and I will have an hour with "Edward" and
"Ellen Middleton", sometime when you get home -- we must find out if
some things contained therein are true, and if they are, what you and me are
coming to!
Now, farewell, Susie, and Vinnie sends
her love, and mother her's, and I add a kiss, shyly, lest there is somebody
there! Don't let them see, will you Susie?
Emily Dickinson
To Miss
Joy Agnew, in London:
TUXEDO
PARK, NEW YORK
Unto you
greetings and salutation and worship, you dear, sweet little rightly-named Joy!
I can see you now almost as vividly as I saw you that night when you sat
flashing and beaming upon those sombre swallow-tails.
"Fair
as a star when only one Is shining in the sky."
Oh, you
were indeed the only one--there wasn't even the remotest chance of competition
with you, dear! Ah, you are a decoration, you little witch!
The idea
of your house going to the wanton expense of a flower garden!--aren't you
enough? And what do you want to go and discourage the other flowers for? Is
that the right spirit? is it considerate? is it kind? How do you suppose they
feel when you come around--looking the way you look? And you so pink and sweet
and dainty and lovely and supernatural? Why, it makes them feel embarrassed and
artificial, of course; and in my opinion it is just as pathetic as it can be.
Now then you want to reform--dear--and do right.
Well
certainly you are well off, Joy:
3
bantams; 3 goldfish; 3 doves; 6 canaries; 2 dogs; 1 cat;
All you
need, now, to be permanently beyond the reach of want, is one more dog--just
one more good, gentle, high principled, affectionate, loyal dog who wouldn't
want any nobler service than the golden privilege of lying at your door,
nights, and biting everything that came along--and I am that very one, and
ready to come at the dropping of a hat.
Do you
think you could convey my love and thanks to your "daddy" and Owen
Seaman and those other oppressed and down-trodden subjects of yours, you
darling small tyrant?
On my
knees! These--with the kiss of fealty from your other subject--
MARK
TWAIN
Hotel Deutscher Hof, Metz, May 1912
To Ernest Weekley,
You will know by now the extent of the trouble.
Don't cure my impudence in writing to you. In this hour we are only simple men,
and Mrs. Weekley will have told you everything, but you do not suffer alone. It
is really torture to me in this position.
There are three of us, though I do not compare my
sufferings with what yours must be, and I am here as a distant friend, and you
can imagine the thousand baffling lies it all entails. Mrs. Weekley hates it,
but it has had to be. I love your wife and she loves me. I am not frivolous or
impertinent. Mrs. Weekley is afraid of being stunted and not allowed to grow,
and so she must live her own life. All women in their natures are like
giantesses. They will breath through everything and go on with their own lives.
The position is one of torture for us all. Do not
think I am a student of your class—a young cripple. In this matter are we not
simple men? However you think of me, the situation still remains. I almost
burst my heart in trying to think what will be best. At any rate we ought to be
fair to ourselves. Mrs. Weekley must live largely and abundantly. It is her
nature. To me it means the future. I feel as if my effort of life was all for
her.
Cannot we all forgive something? It is not too much
to ask. Certainly if there is any real wrong being done I am doing it, but I
think there is not.
D. H. Lawrence
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