Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono (Arrigo Benedetti)







giovedì 10 maggio 2012

Ravensbourne College: Innovation in Digital Media and Design



Scuola di alta formazione in Design e Communications Industries, il Ravensbourne College, nuova sede dal settembre 2010, comunica all'esterno quel che è, attraverso due elementi chiave:  la sua mole e l’involucro che l’avvolge. 

La mole. E' ispirata al contesto, in cui domina la grande tenda/membrana dell’Arena O2, e  il (futur-ibile) tessuto urbano della Greenwich Peninsula, una griglia di strade ed edifici ad impianto radiale che si dipartono proprio dal Dome (il masterplan è di Terry Farrell per 10mila case / 325mq di uffici / 150 negozi). La mediazione fra due dimensioni cosi’ diverse è affidata dunque ad un grande contenitore, un blocco monolitico dal volume massiccio e compatto. La forma leggermente “piegata” è dettata a nord dalla curva enorme dell’Arena, a sud dalla presenza degli impianti di ventilazione della metropolitana sottostante.

L’involucro. Si ispira ai rosoni gotici e a temi floreali, ma la ricerca formale è profonda, quasi scientifica. Origina dalle forme di Roger Penrose (al punto di intestarne a suo nome la strada), forme studiate per rivestire superfici -all'infinito- con unità geometriche elementari create su base aurea non periodica. Il tema grafico media la geometria computazionale di Penrose con i motivi (rivoluzionari per l'epoca) delle Arts & Crafts di William Morris.

3tagli (2 pentagoni e 1 triangolo) = 7tipi (la sintesi geometrico-letterale è di mia invenzione). 
La formula non periodica genera sette tipi diversi di finestre attraverso tre soli tipi di taglio per le piastrelle: due pentagoni irregolari e un triangolo equilatero. Non è ceramica (idea abbandonata per ovvi motivi di montaggio e manutenzione) ma alluminio anodizzato, 28mila pezzi. La composizione autorizza libere associazioni agli azulejos portoghesi, e più indietro, ai rivestimenti islamici medievali. Perché no, alle origini mediterranee degli stessi progettisti: lui spagnolo, lei iraniana. E così, da lontano e ad occhi stretti, il Ravensbourne può far pensare anche ad una moschea. Da più vicino, ha le sembianze di un meteorite nero, ingentilito da una superficie cesellata a mano.

L’impatto più forte è decisamente qui, sulla pelle dell’edificio. Alla geometria non periodica è affidato infatti il compito di comunicare l’obiettivo progettuale delle facciate: mai uguali fra loro, né al loro interno; ancor più misteriose nel dichiarare all’esterno l’organizzazione funzionale (e strutturale) degli spazi. 

L’edificio è organizzato intorno a due atri interconnessi, come due grandi piazze per gli eventi del college, slittati di tre piani l’uno sull’altro, ognuno dei quali attraversa tre livelli. L’idea è di produrre un cambio di piano fluido, in modo da non avvertire mai la rigida sensazione di essere ad una quota precisa, ma di trovarsi sempre “tra” i diversi livelli ovvero “in mezzo” alle attivita’ che vi si svolgono. E l’effetto degli spazi che si intersecano è dato proprio dal ritmo sempre diverso delle finestre; distribuite sempre in 2 file per piano, i grandi cerchi incrociano gli atri e si allineano a metà livello sul lato opposto. Un ruolo decisamente strategico per le aperture tonde, che dall'esterno ingannano come mera decorazione, volta quasi quasi a depistare lo sguardo sulla percezione della quota effettiva dei piani. E gli interni volutamente scarni ed essenziali, pure traggono forza ed espressione dagli “oblò" aperti sulla citta’ intorno.
La varietà dei diametri e l’apparente casualità nella distribuzione, suggerisce punti di vista sempre diversi, ad ognuno il suo spazio e il suo orizzonte, per la propria personale ispirazione creativa al campus della comunicazione digitale. In quelle "finestre" ci si può sdraiare comodi come in un'amaca urbana per leggere o mettere a punto l'ultima idea rave, tra le infinite e irresistibili che ispira il Ravensbourne, appena varcata la soglia. 

Alejandro e Farshid insieme nel lavoro e nella vita fino allo scorso anno come FOA Foreign Office Architects, hanno deciso di prendere strade diverse -nel lavoro e nella vita- come  Alejandro Zaera Polo e Farshid Moussavi Architects.


















 

1 commento:

  1. Interessante ricerca, forse un po' troppo "superficiale"?!altri lavori dei FOA esploravano di più la spazialità...diciamo che sembra un progetto con ottimi presupposti, ma questa dettagliatissima ricerca della variazione nel disegno delle superfici, non trova adeguato riscontro nel volume rigido e tetragono (sia da un punto di vista geometrico che metaforico).

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